Chi sono i custodi della lingua inglese?

Photo by Elias Gayles / CC 2.0 Tra le persone che parlano inglese nel mondo, solo una su quattro è madrelingua. Chi decide allora cos’è “l’inglese corretto” oggi? Gli studenti sono impazienti di usarlo, i dizionari provano a definirlo, i media pubblicano manuali di stile dettagliati per il suo uso corretto e anche i governi […]


Photo by Elias Gayles / CC 2.0

Tra le persone che parlano inglese nel mondo, solo una su quattro è madrelingua. Chi decide allora cos’è “l’inglese corretto” oggi?

Gli studenti sono impazienti di usarlo, i dizionari provano a definirlo, i media pubblicano manuali di stile dettagliati per il suo uso corretto e anche i governi tentano di controllarlo. No, non stiamo parlando di una nuova ondata dell’epidemia di crack degli anni Ottanta in America, ma di una lingua: l’inglese.

Viviamo in un mondo dove possiamo divertirci a scoprire le curiose espressioni che finiscono nel dizionario di slang di Urban Dictionary, rispondiamo senza battere ciglio se un collega ci chiede di mandargli per email un file zippato, o magari ci accorgiamo guardando la serie televisiva The Wire che ci servono i sottotitoli anche se siamo madrelingua.

Eppure “l’inglese corretto” è ancora una merce pregiata – e un gran giro d’affari. Chi decide allora che cosa sia davvero?

Autorità ed evoluzione

Nel 1876, il ministro della cultura prussiano, Aadelbert Falk, invitò a Berlino i delegati da tutti i territori di lingua tedesca per partecipare alla cosiddetta “Conferenza ortografica”. La lingua tedesca fu riformata e standardizzata, un processo che continua fino ai nostri giorni, con le modifiche più recenti nel 1996.

La Francia andò oltre, fondando nel 1635 la venerabile Académie française, l’autorità definitiva in materia di lingua francese. È molto attiva anche oggi, con i suoi 40 membri (soprannominati “gli Immortali”) e un dizionario ufficiale che tenta di difendere il francese dall’invasione degli anglicismi, insistendo ad esempio sull’uso del termine autoctono courriel invece di email.

Come mai non esiste qualcosa del genere in inglese? La storia della lingua inglese non è segnata da cambiamenti sistematici e riforme ufficiali. È la storia di un enorme organismo vivente rimbalzato da un continente all’altro e plasmato dal caso, da guerre, invasioni e influssi di ogni tipo. La geografia, le differenze tra culture (e forse anche le indifferenze), l’espansione coloniale sono tutti fattori che hanno reso impossibile la creazione di un singolo istituto che detti le regole di un’unica forma corretta di inglese.

Pelle e carta

I dizionari sono sempre stati considerati i guardiani tradizionali di una lingua ufficiale. Nel caso dell’inglese britannico, questo ruolo spetta di rigore all’Oxford English Dictionary.

Il suo sistema estremamente dettagliato di citazioni, molte delle quali redatte in origine da un uomo che in realtà era detenuto in un manicomio criminale, è l’equivalente linguistico delle rocce sedimentarie ricche di fossili: pesantissimo (più di 60 kg) e difficile da penetrare, ma ricco di tesori per chi lo affronta con gli strumenti giusti e la pazienza necessaria.

Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico, Noah Webster stava per cambiare il modo di scrivere e di parlare degli americani. A quanto pare era un tipo austero, puntiglioso e totalmente privo di senso dell’umorismo, il che probabilmente spiega perché decise di scrivere un dizionario – il dizionario che cambiò per sempre il corso dell’inglese americano. Forse uno di questi giorni gli Stati Uniti si decideranno a dare un tacito riconoscimento al suo impatto, dichiarando l’inglese la lingua ufficiale.

Per oltre un secolo questi dizionari sono stati fortezze inespugnabili, ma l’era digitale ne sta intaccando le fondamenta e mettendo in discussione l’autorità.

Quand’è stata l’ultima volta che avete usato un dizionario? Prima o dopo l’ultima volta che avete visto una linea rossa ondulata comparire sotto una parola in un documento in Microsoft Word?

Probabilmente avete usato la funzione di controllo ortografico automatico, o magari siete andati a consultare un dizionario online creato da una comunità di utenti, come Wiktionary. Di certo è più veloce che andare a sfogliare tra i volumi sugli scaffali, ma quanto sono affidabili quelle fonti?

Molti studiosi di metalessicografia (una parola grandiosa da citare a una cena tra amici) hanno osservato che gli utenti spesso considerano i dizionari come i depositari della verità linguistica, piuttosto che registri dell’uso effettivo di una lingua: come autorità su come dovremmo parlare, piuttosto che indicatori di come effettivamente parliamo.

Ma se sono in tanti a usare la lingua in un certo modo, a che punto diventa “inglese corretto”?

Un flusso (letteralmente) inarrestabile

Nel 2001, David Foster Wallace osservò che la lingua americana era nel bel mezzo di una “crisi di autorità”. Oggi, l’inglese nel suo complesso è nel bel mezzo di una continua crisi di identità.

È allo stesso tempo la lingua di una superpotenza coloniale decaduta e delle sue ex colonie, la lingua di un’altra superpotenza in declino, la lingua di Hollywood, la lingua franca del business, della scienza e di Internet, la lingua standard dei viaggi internazionali e probabilmente una fonte di terrore per milioni di scolari più piccoli in tutto il mondo.

Le dimensioni contano. L’inglese si sta diffondendo in ogni angolo del pianeta, viaggiando sulle linee telefoniche e sui cavi, passando per aeroporti e hotel, a un volume e a un ritmo senza precedenti per qualsiasi altra lingua nella storia dell’umanità. È una diffusione praticamente impossibile da monitorare, tantomeno tenere sotto controllo. Le voci degli integralisti della grammatica e dell’uso corretto, che un tempo occupavano regolarmente le pagine delle lettere all’editore sui quotidiani, oggi si perdono in questo fiume in piena.

I giganti della tecnologia sono le forze principali che tengono questo flusso sotto monitoraggio e lo plasmano a loro volta. Le funzioni di testo predittivo e di controllo ortografico sono già più potenti di qualsiasi dizionario.

Non dimentichiamo un altro gruppo di guardiani tradizionali della lingua: chi insegna l’inglese, sia come madrelingua che come seconda lingua, e chi fornisce esami e certificazioni. Devono essere per forza delle autorità: il loro modello di business si basa su una definizione molto specifica di “inglese corretto”. Quando Foster Wallace insegnava nei college americani, spesso spiegava agli studenti perplessi che l’inglese standard scritto era semplicemente un dialetto dell’inglese, né più né meno corretto di qualsiasi altro suo dialetto.

L’idea che l’uso comune e il passare del tempo portino all’accettazione di nuove forme ed espressioni può essere considerata un’evoluzione democratica o un segno che il mondo sta andando a rotoli, a seconda dei punti di vista. Le “regole” dell’inglese corretto, e i guardiani che le custodiscono, sono in sostanza forze di reazione. Riusciranno a tenere il passo con la rapida evoluzione del linguaggio?

Nonostante l’insistenza sulle regole, spesso in una lingua quello che ci suona giusto lo è. Ci viene detto di continuo che per avere la padronanza di una lingua straniera serve sviluppare una sensibilità, un “orecchio” per quella lingua. “La riconosco quando la vedo”, disse notoriamente il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Potter Stewart, a proposito della pornografia.

Forse potremmo dire lo stesso del cosiddetto “inglese corretto”.

Condividi: