Ritratto: Gianni Guaita, 100 anni a novembre, tra i ricordi di ieri e la sua esperienza con Babbel

Gianni è uno scrittore con una famiglia molto speciale e a 100 anni si lamenta di una cosa: le lezioni di Babbel sono un po’ troppo lunghe!
Retrato

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta nell’aprile 2016 e nel frattempo, purtroppo, Gianni ci ha lasciato. Crediamo però che la sua storia e la sua passione per le lingue rimangano una grande ispirazione per i nostri lettori ed è per questo che abbiamo deciso di continuare a raccontarle anche dopo la sua morte. Grazie Gianni per averci insegnato che la voglia di imparare non ha nulla a che fare con l’età anagrafica e che con motivazione e determinazione tutto è possibile.

Vi presentiamo un altro ritratto degli utenti di Babbel – uno scorcio delle loro vite e dei motivi per cui hanno deciso di imparare una nuova lingua. Se anche tu vuoi condividere con noi la tua storia, lascia un commento qui sotto. Oggi presentiamo un utente fuori dall’ordinario, Gianni, di Firenze. Gianni è uno scrittore con una famiglia molto speciale e a 100 anni si lamenta di una cosa: le lezioni di Babbel sono un po’ troppo lunghe!

Prevedo di compiere 100 anni a novembre, e se mi chiedessero di descrivere l’esperienza più importante della mia vita parlerei sicuramente dell’amore per mia moglie, la donna con cui ho condiviso ben 76 anni. Siamo diventati una persona sola. Non ero preparato a una cosa così. Purtroppo se n’è andata due anni fa e da allora vivere è diventato più duro, ma cerco di sentirla vicina scrivendo i miei ricordi e raccontando della nostra vita insieme.

Ho una figlia a New York che mi è molto vicina, ci teniamo in contatto tramite skype. La vedo ogni giorno e parliamo a lungo. Questo mi incoraggia. Anche nella vita di mia figlia l’amore ha giocato un ruolo fondamentale: è andata in America con una borsa di studio, ha trovato un ragazzo di cui si è innamorata ed proprio per lui è rimasta a New York, dove è diventata corrispondente del quotidiano Il Messaggero. È molto intelligente, capace di dialogare con gli altri, e molto espansiva.

Io abito a Firenze, lungo l’Arno, in una delle case ricavate dalle vecchie scuderie della villa Serristori. Anche la mia famiglia abita in queste case: qui mia sorella ha anche dato vita ad una stamperia d’arte, “Il Bisonte” (la Scuola Internazionale di Arte Grafica Il Bisonte, n.d.r.), dove lavora anche mio nipote. E proprio questo nipote mi ha regalato una bimba incantevole: sono bisnonno da due anni ormai, ed è lei il motivo per cui ho cominciato ad imparare l’inglese.

La bimba ha una tata inglese, e per parlare con entrambe devo imparare la lingua. Babbel è proprio l’insegnamento ideale per me, è perfetto. Beh, a dire la verità mi tormenta anche un po’, perché vuole insegnarmi anche a scrivere, cosa che non m’interessa davvero. Trovo però molto utile la possibilità di riascoltare all’infinito certi suoni della lingua che sono molti diversi dall’italiano.

L’italiano è una lingua vocalica e l’inglese è una lingua consonantica, sono così diverse l’una dall’altra. Non sono mai stato di quelli che imparano facilmente le lingue. Ho avuto amici bravissimi che imparavano in pochissimo tempo. Il fotografo e scrittore Fosco Maraini, ad esempio, che era mio cognato, ha imparato il giapponese in poco tempo. Io invece in passato sono sempre stato molto pigro con l’inglese: ho avuto una vita da scrittore e per me era sufficiente capire l’inglese dell’enciclopedia britannica, dove tutto era scritto nel modo più chiaro e semplice.

Qualche anno fa è stato pubblicato un romanzo che ho scritto con mia moglie e i miei figli Anna e Carlo, “Isola perduta“, che racconta le nostre esperienze in Sicilia: comincia col racconto di come ho incontrato la mia futura moglie a Firenze, io, toscano, lei siciliana, e di come siamo andati a vivere in quell’isola bellissima. Io sono diventato siciliano d’adozione. La Sicilia era allora una terra incantevole, era come vivere in paradiso. C’era però il grande problema politico: stavamo cercando di uscire dal fascismo. Io ero, con Aldo Capitini, sostenitore della non violenza: all’epoca eravamo convinti che si potesse vincere con la sola parola, con la verità. Poi invece ci sono arrivate addosso tutte le guerre con Mussolini e soltanto la resistenza con i partigiani ha dato la possibilità all’Italia di uscire da quell’esperienza dolorosissima.

Il padre di mia moglie aveva un’azienda agricola e sperava che io avrei continuato a gestirla: purtroppo non mi è riuscito e, dopo vent’anni di vita in questa bellissima isola, ci siamo trasferiti al Nord per lavorare entrambi come professori liceali. Lì è cominciata la mia seconda vita, da professore e anche da scrittore: ho cominciato a scrivere per il teatro e per la televisione.

La mia giornata oggi? Cammino con difficoltà, mi muovo con il roller. Sono molto assistito: ho una signora che mi viene ad aiutare ma c’è anche una ragazza che mi dà una mano con il computer e con skype. Poi mi dedico all’inglese, ma ci sono tante cose che non riesco a ripetere, perché vengono scritte in maniera coì diversa da come le si pronuncia, quindi il mio apprendimento è lento e per questo motivo le lezioni mi risultano a volte troppo lunghe. Ma Babbel è quanto di meglio ci possa essere. È veramente una compagnia piacevole per le mie giornate. È un’esperienza… lieta, ecco.

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